Scuola. Turi: sbloccare il contratto per riconoscere i diritti

La mancanza del rinnovo contrattuale del personale della scuola si protrae da oltre sei anni –  mette in evidenza Pino Turi, segretario generale Uil Scuola nel suo intervento all’Auditorium Unipol per l’iniziativa promossa dalla Uil sui contratti nel pubblico impiego. 

 

Un blocco che  incide pesantemente sul potere di acquisto reale delle retribuzioni, quelle degli insegnanti italiani sono tra le più basse d’Europa, ma soprattutto sul valore del  lavoro nel sistema di istruzione.

La scuola è stata investita da una legge di riforma, peraltro di dubbia costituzionalità, che non modifica l’impianto istituzionale dei cicli di istruzione, ma interviene sostanzialmente sulla governance   - ha precisato Turi – con uno spostamento di  poteri tra dirigente, docenti ed organi collegiali, rappresentativi del personale docente ed ATA, genitori ed alunni, che ne mortificano ruolo e funzione.

Quella che stiamo registrando – aggiunge Turi – è una pesante ingerenza, anche nelle materie di contrattazione, attuata per  legge, la 107/2015.

Approvata con voto di fiducia dal Parlamento la legge del governo sulla scuola risente -  ora che quotidianamente ci scontriamo con i limiti pratici della sua applicazione, spiega Turi -  della mancanza di dibattito sereno e disteso, sia parlamentare che nel Paese. 

Una legge formulata senza il coinvolgimento pieno del personale, trattato più da suddito che da lavoratore portatore di dignità e diritti. 

L’aver  scelto di attuare un processo di cambiamento in maniera autoritaria e senza coinvolgimento delle rappresentanze dei lavoratori ha condotto ad un doppio risultato negativo: a chi a scuola lavora ogni giorno si presenta un modello di scuola meno libera e più dirigista; ad alunni e famiglie si rende meno scontato il pluralismo e la libertà di apprendimento.

Tutto questo in contraddizione con i  valori costituzionali che indicano la scuola come laica,  di tutti e per tutti – conclude Turi - quella scuola che ha rappresentato l’ascensore sociale degli italiani nei decenni scorsi e che, ancora oggi,   registra eccellenze tra i ‘ragazzi Erasmus’ che trovano lavoro solo fuori dall’Italia.

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