Sciopero generale del 12 dicembre. Sintesi delle conclusioni del segretario generale Uil Trapani Eugenio Tumbarello al comizio in piazza Umberto I

Amiche e Amici, Compagne e Compagni,
La manifestazione di oggi, a Trapani, in questa bella Piazza piena di donne e di uomini per sostenere le ragioni dello Sciopero Generale proclamato dalla Cgil e dalla Uil si somma alle altre 53 manifestazioni in tutta Italia (10 regionali, 5 interprovinciali e 38 provinciali come la nostra) e sarà utile a far riflettere il Governo sulle politiche economiche che interessano il mondo del Lavoro, il nostro mondo. Per 8 ore, o per l’intero turno di lavoro in molti casi, il Paese si ferma, si ferma per noi, per noi che vogliamo far sentire la voce dei tanti lavoratori, dei pensionati e di chi un lavoro lo vorrebbe e non lo trova, la voce di chi vuole che il Paese reale si rimetta in moto, che non sia fermo per come è adesso, COSI’ NON VA.

E che così non va lo sanno le tante lavoratrici e i tanti lavoratori che hanno perso il lavoro in questi anni di crisi e che attendono risposte concrete da parte del premier Renzi, e le attendono, andando oltre gli slogan, nella concretezza del reddito per le proprie famiglie, e in troppi casi rispetto ad un reddito che non c’è, perché si è perso o perché non c’è mai stato.

Non potevamo non esserci in una simile condizione e in una circostanza così delicata nella quale le scelte del Governo, sordo e spesso auto-referenziale, rischiano di non far ripartire il Paese mortificando le persone che lavorano e svilendo coloro che lo cercano, riducendo e depotenziando il valore del reddito dei pensionati, che spesso sono il reale ammortizzatore sociale a sostegno dei figli che vengono espulsi dal mercato del Lavoro, e dei nipoti che in molti casi danno preoccupanti segnali di scoramento e di rassegnazione non cercando il lavoro stesso.

Questa Terra, la nostra Terra, la terra di Sicilia ha i più alti tassi di disoccupazione esistenti e questa è per noi che rappresentiamo tante donne e uomini, checché se ne dica, checché ne pensi il Premier, persone che ci danno mandato di rappresentanza.
Questa è la Terra da difendere, alla quale bisogna dare la forza di credere, non solo nelle ricchezze che in essa vi sono, ma soprattutto nella prospettiva di un lavoro dignitoso che consenta ai propri abitanti di potervi rimanere, di poter formare una famiglia, che liberi da ogni genere di prigionia atavica e condizionante, e ciò si può fare con una politica del lavoro che dia maggiori prospettive.

COSI’ NON VA

Le ragioni che oggi uniscono la CGIL e la UIL sono ragioni forti, e ce lo hanno testimoniato i lavorati che abbiamo incontrato nelle assemblee, i cittadini che ci hanno interpellato nelle nostre sedi, i giovani che ci cercano e ci impegnano di una profonda responsabilità di prospettiva, gli anziani che non ricordano un periodo così delicato e che ci incitano, con la loro saggezza che ha radici profonde e serie, ad andare avanti.

Sono ragioni condivisibili, sotto lo sguardo di tutti, di tutto il mondo del Lavoro ed è per questo che c’è una porta aperta, opportunamente e convintamente aperta, per la CISL.

C’è un dato che voglio sottolineare. Oltre la scelta di taluni di non lasciare il proprio posto di lavoro, scelta libera e da rispettare, c’è chi invece avrebbe voluto essere con noi in questa piazza e non ha potuto, non perché non ha voluto, ma semplicemente perché non ha potuto. Sostanzialmente a loro la crisi ha tolto il diritto allo sciopero.
Noi oggi siamo qui anche per loro, e a loro va un rispetto ancor più grande.

Lo sciopero di oggi è un’occasione per cambiare aspetti che non condividiamo, di questa legge delega, e per questo chiediamo un confronto con il Presidente del Consiglio Renzi.
Chiediamo il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, 80 euro anche per i pensionati, lavoro per gli edili che negli ultimi anni hanno perso centinaia di posti di lavoro, chiediamo di mantenere gli ammortizzatori sociali laddove è più necessario, chiediamo di risolvere il problema del precariato che solo in Sicilia conta circa 22 mila lavoratori.

Chiediamo finanche di dare alibi al nostro Governatore alla sua annunciata Rivoluzione.
Chiediamo al Governo di operare i dovuti investimenti per far ripartire gli impianti produttivi esistenti.

Oggi, le motivazioni dello Sciopero rimangono tutte in vita.

Questo Sciopero è nel giusto tempo, e il Governo se ne renderà conto.
Le misure che sono state fino a questo momento previste nel Decreto Lavoro (JobsAct, per gli esterofili) non sono quelle che il Governo aveva sostenuto, vale a dire di estendere le tutele crescenti anche a chi troverebbe un lavoro per la prima volta, quando lo trovasse, perché il lavoro, in primo luogo, non si determina per decreto e perché, in secondo luogo, le norme che ci preannunciavano e che, invece, si leggono nel decreto non sono soddisfacenti per i giovani al primo impiego.
Per questo noi con i decreti attuativi pensiamo possano essere cambiate.
Facciamo un esempio. Il percorso che viene previsto per un giovane adesso nelle aziende dove si continua a mantenere l’art. 18 prevede che per 3 anni questi godrà del cosiddetto contratto a tutele crescenti (ma che in realtà è un contratto a tutele calanti) e in tutto ciò i datori di lavoro avranno una fiscalità di vantaggio.
Intanto, i vecchi lavoratori continueranno ad avere l’art. 18 e i giovani non l’avranno, questo determinerà un primo momento di discriminazione.
Alla fine dei 3 anni di contratto i lavoratori neo assunti possono essere licenziati per problemi economici e avere soltanto circa 7000 euro di rimborso, sotto forma di indennizzo, a fronte dei 16.700 euro di risparmio che avranno i datori di lavoro per la decontribuzione, e non calcolando la quota dell’IRAP.
Questa è una vera e propria sperequazione che poteva essere evitata se solo il Governo si fosse confrontato con il Sindacato, se solo si fosse discusso in sede preliminare, noi riteniamo che questa come altre storture esistenti nel decreto lavoro potevano essere evitate, ma ancor di più riteniamo che questo risultato, portato come esempio, non sia l’obiettivo che i giovani avrebbero voluto ottenere.

I giovani che ci danno mandato di rappresentanza chiedono altro.
Per loro noi registriamo il timore che con questa Riforma del Lavoro non scompaiono le forme di precarietà, abbiamo il timore che un giovane possa trovarsi ad avere una falsa partita Iva, un’associazione in partecipazione, un lavoro a chiamata, un voucher.

Un giovane potrebbe trovarsi di fronte a contratti a termine ripetuti, rinnovati, cambiati e/o scambiati per come dice il ministro Poletti. E poi il contratto a tutele crescenti è un contratto a tutele che non ci saranno, questo serve a chi ?

La giusta aspirazione dei giovani, e non solo dei giovani di questo Paese, è quella di avere un lavoro in cui si possa esprimere la propria professionalità, le proprie competenze, e non un livello di ricattabilità maggiore di quello che altri lavoratori hanno avuto, o che hanno in altri Paesi.

I lavoratori vengono assunti con una mansione e possono essere demansionati per legge, quando vogliono i datori di lavoro, senza alcuna spiegazione e senza alcuna contrattazione.

I lavoratori possono essere videocontrollati, per legge, a discapito della privacy (e su questo forse esiste un piccolo problema di costituzionalità).
Nella sostanza le tutele crescenti saranno per il datore di lavoro.
Ecco il motivo per il quale nella buona sostanza non si vuole il Sindacato.

È stato lo stesso Presidente del Consiglio in una intervista resa al prestigioso quotidiano americano Washington Post a dire: “voglio un Paese dove i datori di lavoro possono assumere chi vogliono e licenziare chi, come e quando vogliono”.
E poi in Italia i lavoratori non sono tutti uguali. C’è un Nord e un Sud dove i lavoratori e i disoccupati vivono condizioni diverse.

Un cassintegrato al Nord può trovare un nuovo lavoro più facilmente rispetto a uno del Sud.
Quante volte siamo stati presi a bersaglio e criticati da chi ci chiedeva dove fossimo mentre in questo Paese si facevano le Leggi di Precarietà. Adesso la ricetta sarebbe questa? Quella di continuare a fare leggi che non dimostrano altro che elementi di precarietà e di riduzioni di diritti?

COSI’ NON VA

Diciamolo chiaro e diciamolo con forza:
Senza una vera riforma fiscale, senza una vera lotta alla corruzione e senza una vera lotta ai costi della politica questo paese si è fermato e rischia di restare fermo.
E non si ferma solo perché i sindacati dichiarano lo Sciopero Generale.

Tutti gli indicatori danno il Paese non solo in RECESSIONE ma anche in DEFLAZIONE e questo continuerà ad essere un problema se non si pensa di cambiare la politica economica dell’Europa, ma partendo dall’Italia, per continuare con la Francia e la Spagna e con quanti questa crisi la vivono.

Noi pensiamo che si possa e si debba fare di più a partire dall’Italia.
Noi saremmo d’accordo con il Governo se si ipotizzasse di non rispettare il 3% che è diventato una tagliola per diversi paesi e che dà risposte economiche unicamente alla Germania, e che però, comincia ad avere anch’essa segni di difficoltà, essendo un paese esportatore alla luce del fatto che gli altri paesi europei non hanno le condizioni per importare.

Il fatto di fare annunci e poi smentirli sta creando una disaffezione alla politica che ha bisogno di chiarirsi e può farlo solo realizzando delle buone Leggi.
Questo sia chiaro a tutti.

Così come noi abbiamo chiaro di non volere fare scioperi politici, di recente lo sciopero politico è stato fatto in Calabria e in Emilia Romagna con la non partecipazione al voto.
La politica deve interrogarsi, non noi.
Noi facciamo lo sciopero “PER” e “NON CONTRO” per conquistare diritti e cercare di avere risolti i problemi economici del Paese, per avere più lavoratori e meno disoccupati, per rispettare un mandato di rappresentanza che si rafforza nonostante la crisi.

E non per interferire sulle sorti dei Governi amici o avversari. Noi non abbiamo né amici, né avversari. Noi facciamo lo sciopero “per” e “non contro”.
Noi facciamo lo sciopero per il LAVORO. Per il Lavoro dignitoso, per un futuro migliore c’è bisogno di DIGNITA’ DEL PRESENTE.
Sul versante del governo datore di lavoro pubblico oltre il problema del rinnovo del contratto di lavoro, sottolineiamo che la riduzione del personale della pubblica amministrazione e il blocco dei contratti non ha determinato la diminuzione della spesa pubblica che continua ad aumentare.
Non depone bene, e vorremmo che non accadesse mai e mai più, quel che accade in questi giorni, che l’evasione fiscale continua ad aumentare nonostante la crisi e che la corruzione continua ad essere pervasiva in tutto il Paese, basta vedere i fatti della capitale.

Bell’esempio di spending review (per gli altri) arriva dai dati delle spese della Presidenza del Consiglio dei Ministri che per i suoi costi di funzionamento nel 2013 era a 458milioni e nel 2014 (ad anno non completo) passa a 484milioni, con un incremento di ben 25 milioni.

Ci spieghino il perché, lo spieghino al Paese, ai cittadini, alle tante persone che a causa della mancanza del lavoro non hanno dignità di vita.
E provano a tagliare le sostanze per il patronato, che rende gratuità per servizi al cittadino che ove non vi fosse diventerebbe un’ulteriore costo per chi già al momento si trova al collasso, perché a pagare non sono solo i noti di sempre ma sono anche quelli che meno posseggono e meno possono.
E intanto la spesa pubblica aumenta nonostante non si facciano i contratti del pubblico impiego e nonostante si perdano posti di lavoro.

Rimangono in vita 30.000 stazioni appaltanti nelle quali si annida tutto ciò a cui stiamo assistendo in questi giorni, bisogna ridurle e smettere che ci siano le deroghe, perché se tutto il sistema funziona per deroghe, si moltiplicano le richieste.
E la domanda che ci si fa non è solo che “la giustizia sia rapida”, che va sempre bene, ma il tema rimane cosa si fa dal punto di vista dell’ordinamento perché non continui ad esistere un sistema così permeabile alla corruzione e quindi, come si diminuiscono le stazioni appaltanti stesse, come si fanno delle regole certe.

Bisogna impedire che il sistema degli appalti sia l’origine del lavoro povero nel nostro Paese, con le offerte massimamente vantaggiose o con gli appalti al massimo ribasso e, come vedete, tutto, anche questo aspetto ha un risvolto diretto sulle condizioni professionali e di vita dei lavoratori e delle loro ragioni da noi rappresentate oggi con lo sciopero.
E’ lo stesso governatore della Banca d’Italia a sostenere da parecchio tempo che senza investimenti pubblici e privati non c’è aumento dell’occupazione.
La politica di austerità che l’Europa ci ha propinato, non serve a risolvere i problemi dell’economia e del lavoro.

Le scelte fatte dal Governo nella Legge Delega sul Lavoro, e sulla Legge di Stabilità ancora in discussione in Parlamento avranno una forte ricaduta su quello che è il problema fondamentale che vive il Paese e cioè quello della mancanza di lavoro, a partire dalle politiche industriali per le quali manca un progetto complessivo, meno che mai al Sud.

Per queste ragioni ci aspettavamo, e ci aspettiamo,da chi ha sostenuto che avrebbe cambiato verso al Paese che si sarebbero affrontati i nodi strutturali che non sono certo quelli di ridurre i diritti dei lavoratori e di mantenere una distanza profonda tra le prospettive di chi oggi è precario e di chi è stabile.

C’è enorme incertezza su tutto il personale delle Province che scaturisce dalla sovrapposizione della modalità con cui vengono fatti i tagli della Legge di Stabilità e la non applicazione della Legge “Delrio” con il rischio che questa materia venga catapultata sulla responsabilità delle Regioni.
E rischia di diventare inevitabile che l’insieme dei tagli che sono annunciati si traduca in tagli alla sanità e ai servizi, quindi sulle condizioni più complessive dei cittadini contribuenti che si impoveriscono ancor di più.

La nostra non è una battaglia ideologica, noi abbiamo bisogno di lavoro, ci vogliono politiche per cercarlo, per favorirlo, a partire dagli investimenti. Le risorse ci sono. Ci sono nella riforma fiscale, nella progressività della tassazione, nel contrasto all’evasione. Ci sono nelle politiche contro la corruzione. Ci sono e bisogna avere il coraggio di cercarle, non basta limitarsi a conoscere il problema bisogna risolverlo, le risorse liberate potranno essere impegnate a creare lavoro.

Nel frattempo noi chiediamo di difendere il lavoro che c’è, e siamo pronti al confronto con i datori di lavoro e il Governo per farlo, per come già abbiamo fatto in non poche occasioni.

E’ evidente che lo sciopero ha questa finalità: rideterminare le condizioni per un cambiamento di quelle politiche per un confronto serio rispetto a quelle che sono le prospettive sul Lavoro, l’equilibrio nel Lavoro e creazione di lavoro.

Se il Governo tira dritto noi non ci fermeremo, continueremo ad esercitare il nostro mandato di rappresentanza trovando le forme più utili che ricercheremo comunque nella nostra tradizione, nella nostra storia.
Noi pensiamo davvero che l’assenza di investimenti e di ripresa dell’economia unita da un ridimensionamento dei diritti dei lavoratori senza estensione di tutele e senza riduzione della precarietà, sia una miscela che determina ulteriore deflazione e recessione per il nostro Paese.
Questo non può accadere e si deve lavorare per una prospettiva migliore.
Renzi ci ascolti, e si confronti con noi. Il sindacato c’è.
Se il Premier pensa di fare operazioni di modifiche sociali e provvedimenti che interessino il mondo del lavoro che non vengano discussi con il sindacato si sbaglia. Se ne faccia una ragione.
Se sulla legge di Stabilità fanno una riforma fiscale, questa può portare altre risorse. Se si cambia politica economica ci potrebbero essere maggiori risorse e di quello vorremmo discutere per i pensionati, per i pubblici dipendenti, per gli ammortizzatori sociali.
La partita, quindi, è tutta aperta.

Noi speriamo di arrivare ai risultati anche per gli altri, per quanti finora stanno fermi, che esprimono una posizione di scetticismo, per i rassegnati e i qualunquisti, per gli spettatori opinionisti.

Noi, con l’odierno Sciopero abbiamo deciso di non rinunciare a provare a cambiare una situazione che registra elementi di drammaticità nel campo del lavoro e in campo sociale.

E vogliamo che vinca chi, come noi, preferisce rappresentare le attese e le sofferenze dei cittadini, piuttosto che le ragioni di Palazzo.

Il Governo ci ascolti! Viva il Sindacato dei Lavoratori!

Informazioni aggiuntive

Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie. To find out more about the cookies we use and how to delete them, see our privacy policy.

I accept cookies from this site.

EU Cookie Directive Module Information